Stalle, non industrie

L'Europa vorrebbe però equipararle

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Desta stupore e preoccupazione la decisione della Commissione europea che ha inserito anche l’allevamento bovino (con più di 150 capi adulti) tra le categorie industriali obbligate a rispettare la direttiva sulle emissioni in atmosfera.

Lo evidenzia Luca Panichi, presidente dell’Anabic, l’Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne, che sottolinea: «È preoccupante il presupposto dal quale è partita la Commissione Europea che ha equiparato la pericolosità delle emissioni prodotte da un allevamento con 150 capi a quella rappresentata da una qualunque industria del settore chimico, meccanico, estrattivo, obbligando l’allevatore a sottostare a una serie di pesanti adempimenti burocratici pensati per industrie altamente inquinanti.

Ritengo che, prima di prendere certe decisioni, debbano essere conosciuti e valutati correttamente i dati ufficiali sulle emissioni, che per l’Italia sono prodotte dall’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, dai quali si evince con chiarezza che tutta l’agricoltura italiana rappresenta il 7% degli apporti in atmosfera di gas ad effetto serra, responsabili dell’innalzamento delle temperature, e che di questo il 5,6% è apportato dalla zootecnia, mentre il settore dei trasporti rappresenta il 24,4% degli apporti, quello delle industrie energetiche il 24% e quello delle industrie manifatturiere il 12,6%».

«La zootecnia bovina italiana non merita questo – aggiunge Panichi – perché, ha già intrapreso un percorso di miglioramento degli allevamenti sul piano ambientale.

In particolare l’Anabic, attraverso la selezione di animali più efficienti dal punto di vista dell’utilizzo degli alimenti, delle performance riproduttive e produttive ha già portato a ridurre le emissioni di metano e sta continuando a lavorare su questa strada, con la realizzazione di un progetto innovativo, finanziato dal Ministero dell’Agricoltura, volto a monitorare direttamente nei singoli animali l’entità delle emissioni di metano e a studiare la composizione microbica del rumine per ricercare eventuali linee genetiche più efficienti da poter utilizzare per il miglioramento genetico delle nostre razze, con l’intento di contribuire fattivamente all’obiettivo del Green Deal europeo dell’inquinamento zero».