Un futuro già scritto

RITRATTI - Dal casolare della parrocchia alla Cascina Chionetti, l'avventura della famiglia Barbero

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DRONERO

Residenza estiva dove rifugiarsi alla ricerca di frescura, la cascina di Pratavecchia (Dronero) era una delle tante proprietà della famiglia Chionetti. Membri dell’alta borghesia ligure, possedevano immobili e palazzi nel torinese, a Sanremo e nella Capitale.

Ma nessun’altra cascina poteva vantare quel panorama: era sufficiente affacciarsi alla finestra per godere della vista dei monti, così vicini che nelle giornate terse sembrava quasi di poterli toccare. Anche perché attorno a quella cascina non c’erano che terreni, interrotti qua e là da qualche fossato. Sembra incredibile che adesso, a distanza di tre generazioni, di spazio non ce ne sia più. La città è avanzata e per continuare a crescere (e soprattutto a gestire al meglio l’azienda) Cascina Chionetti sarà costretta a “traslocare”, a spostarsi di qualche chilometro.

L’arciprete don Giovanni Raviolo

LE RADICI

Ma la storia della famiglia Barbero inizia ben prima di quella della cascina.

Prima di trasferirsi in quel casolare, Michele Barbero (classe 1924) vive con i tre fratelli (Giovanni, Giuseppe ed Eugenio) in una cascina di proprietà della parrocchia del paese, retta dall’arciprete don Giovanni Raviolo, che nel 1935 s’insedia in città. Nonostante sia tra i più giovani parroci della Diocesi di Saluzzo (da cui dipendono le comunità droneresi), la sua età non gli impedisce di gestire con rigore i possedimenti ecclesiastici: cascina e terreni sono curati dalla famiglia Barbero, che – in qualità di mezzadri – devono sempre riservare parte dei raccolti e delle entrate al sacerdote e alla parrocchia.

Sono gli anni che anticipano la Seconda Guerra Mondiale, dove riuscire a mettere qualcosa sulla tavola è una sfida. Nella stalla ci sono una ventina di vacche piemontesi, nei campi qualche pianta di fagioli. Quanto basta per tirare avanti, per condurre una vita dignitosa.

Ma l’orrore del conflitto stravolge i piani di tutti. Se Michele riesce a scampare il fronte nonostante il richiamo alle armi (la Liberazione pone fine alla guerra prima della partenza), per il fratello Giuseppe c’è l’Albania e le sue atrocità. 

Bisogna ripartire, ricominciare. Il dopoguerra è l’occasione per farlo. C’è grande fermento, desiderio di riscatto e opportunità.

E così, dopo essersi sposato con Maria Chiara Arioni (classe 1938), Michele decide di lasciare la cascina parrocchiale per trasferirsi con il fratello Eugenio (che rimarrà con lui fino al termine dei suoi giorni) nel casolare che la famiglia Chionetti aveva messo in affitto.

È il 1962.

Nella stalla ci sono circa trenta animali, tutto viene fatto a mano. Dalla mungitura alla gestione del bestiame, dalla semina al taglio del raccolto. E proprio in un’azienda del paese celebre per la sua produzione di attrezzi per il taglio a mano in agricoltura (Fabbriche Riunite Falci), Michele trascorre parte del suo tempo lavorativo, affiancando l’attività di forgiatore a quella di allevatore.

È sempre lui a sobbarcarsi tutto in cascina (insieme al fratello) perché i piccoli di famiglia sono ancora bambini: Elvira nasce nel ’55, Alberto tre anni più tardi, Lorena nel ’62 e Luca vedrà la luce solo dopo il trasloco nella nuova cascina (1970). L’attività agricola è quella che preferisce, così interrompe la collaborazione con la fabbrica (che durante gli anni di massima espansione arriva a contare quasi 400 operai) e si dedica anima e corpo alla terra.

L’opportunità gli si presenta quando nel 1976 la famiglia Chionetti decide di vendere la tenuta: con sacrificio e coraggio, acquista cascina e terreni.

Pochi anni più tardi (1982), un altro tassello importante: si costruisce una nuova stalla, davanti a quella precedente, per dare ricovero alla mandria, che anno dopo anno cresce in numero. Le vacche cominciano a essere sempre di più, quasi un centinaio, e la tecnologia contribuisce a rendere più agevole il lavoro, grazie all’installazione del trasporto latte.

UN RAGAZZINO A GESTIRE

L’AZIENDA AGRICOLA

La vita a volte gioca dei brutti scherzi. Quando avrebbe potuto iniziare a godere dei frutti dei tanti anni di lavoro, Michele purtroppo si ammala gravemente ed è costretto a ritirarsi dalla vita dell’azienda agricola.

Resta il fratello Eugenio e il più piccolo dei figli, Luca di appena quattordici anni.

Per lui, cresciuto in mezzo agli animali e con la passione per la terra, seguire le orme del papà non è difficile, anche se la responsabilità di gestire un’azienda poco più che adolescente è un peso non da poco sulle sue spalle. Trova nello zio un compagno fidato, che con la sua esperienza lo guida nelle prime importanti scelte. Come quella di rivoluzionare la stalla in seguito al risanamento totale della mandria (1984): basta vacche piemontesi, via con le frisone. A Pratavecchia arrivano così le prime dieci canadesi, che poco per volta crescono di numero. Venti, poi trenta e poi sessanta. Fino ai 250 capi di oggi, suddivisi in due cascine diverse. Già perché lo spazio – come già detto – in questa campagna che si è trasformata in periferia di città inizia a mancare.

All’alba del nuovo millennio (2000), c’è la ristrutturazione della stalla (che diventa a stabulazione libera) e il suo ampliamento, con la sala mungitura.

LE NUOVE GENERAZIONI

Tutto cresce, anche la famiglia di Luca, che con Anna Maria (sposata nel 2001) diventa genitore di Giada (2003) e Alessio (2012).

Proprio in concomitanza con la nascita del più piccolo, arriva l’esigenza di trovare nuovi spazi in azienda: si prende in affitto una stalla in località Castelletto e si “divide” la mandria.

Una gestione efficace ma un po’ complicata, che con i nuovi progetti di Luca dovrebbe migliorare. In prospettiva c’è la costruzione di una nuova grande stalla, in un terreno non troppo distante, così da poter ricompattare l’allevamento, agevolando il lavoro di oggi e di domani.

Perché un domani, nella famiglia Barbero, già c’è: Giada – che ha da poco terminato le scuole superiori – già collabora con il papà nella gestione burocratica dell’attività, mentre per il più piccolo non c’è passatempo più bello che stare in mezzo agli animali e mettersi a fianco dei più grandi durante i lavori in azienda.

Il futuro è lì, qualcuno è già pronto ad afferrarlo.