I gustosi anniversari del 2019

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Non ci sono solo i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, i 50 anni dallo sbarco sulla Luna o i 90 anni dal crollo di Wall Street: nel 2019 si festeggiano anche altri anniversari, più gustosi e sorprendenti. Come quelli dei sette formaggi Dop e Igp, segnalati da Assolatte grazie alla prima banca dati delle risorse culturali locali, realizzata dall’Ismea, che consente di scoprirne la presenza nelle opere d’arte: dai  testi antichi ai dipinti, dai documenti storici ai beni architettonici. I 52 formaggi italiani che si fregiano delle indicazioni geografiche ufficiali della Ue rappresentano l’eccellenza della tradizione casearia italiana. Negli ultimi cinque anni i primi dieci prodotti, che rappresentano il 97% dei volumi complessivi, hanno visto aumentare le produzioni del 7% e sono diventati sempre più significativi per l’economia del settore lattiero-caseario italiano.

59 a.C.: FIORE SARDO Dop

La tradizione del formaggio pecorino in Sardegna ha radici antichissime. Una delle prime testimonianze risale al 59 a.C. ed è la testimonianza dell’invasione della parte meridionale dell’isola scritta da Diodoro Siculo: “I locali allontanaronsi dai conquistatori ed intanati nelle montagne e scavati sotterranei abituri, la vita sostentarono col frutto delle greggia, larga ebbero quindi copia di vitto e il latte e il cacio, diedero loro bastevole nutrimento”.  Nei secoli la produzione e il commercio del pecorino sono andati crescendo. Diverse fonti segnalano che nel XIX secolo il Fiore Sardo era l’unico formaggio a essere conosciuto e venduto sul “continente”, soprattutto grazie ai mercanti napoletani, livornesi e genovesi.

879 d.C.: GORGONZOLA Dop

La data e il luogo di nascita del Gorgonzola restano un mistero. Tante le ipotesi, tra cui quella secondo cui sarebbe stato fatto per la prima volta nell’anno 879 a Gorgonzola, che ne è rimasta per secoli il maggior centro di produzione e commercio, dove lo si faceva con il latte delle mucche di ritorno dalle malghe od alpeggi. Essendo utilizzato il latte delle mucche “stracche” per la transumanza, venne chiamato “stracchino verde” o, semplicemente, “stracchino di Gorgonzola”.

1249 d.C.: SPRESSA DELLE GIUDICARIE Dop

I primi riferimenti storici su questo formaggio, uno dei più antichi prodotti sulle Alpi italiane, si trovano nella “Regola di Spinale e Manez” del 1249, dove è scritto “…unum pensum casei sani et pulcri sicci de monte (Spinali)” ovvero “un peso di formaggio sano e bello dal monte Spinale”.  Nei secoli successivi la Spressa è citata in numerosi documenti, tra gli archivi parrocchiali, come l’”Urbario” di Don Marini (risalente al 1915-16) in cui la “Spressa da polenta” è citata come formaggio tipico.

1349 d.C.: PARMIGIANO REGGIANO Dop

Il contratto di soccida di due mandrie di vacche del monastero di San Martino a Parma, risalente al 1349, è il primo documento conosciuto relativo alla produzione di questo formaggio. Nello stesso anno Boccaccio citò nel “Decamerone” il “Parmigiano grattugiato”. Cinquant’anni dopo, un suo seguace, il mercante lucchese Sercambi, scrisse una novella ambientata in una villa di Parma: è il primo scritto in cui si parla della richiesta di pagare un rapporto sessuale con il formaggio locale.  Risale, invece, al 1389 la prima testimonianza di vendita del Parmigiano fuori dall’Italia: i pisani infatti lo caricarono sulle loro navi dirette in Francia, Spagna e nord africa. Lo sviluppo commerciale e la necessità di tutelarlo portò il Duca di Parma ad ufficializzare la denominazione d’origine e il territorio di produzione con un atto datato 7 agosto 1612.

1789 CASATELLA TREVIGIANA DOP

Queste formaggelle sono citate nel 1789 tra i prodotti agricoli eccellenti locali donati dal doge Ludovico Manin all’arte dei fruttajuoli veneziani. Altre testimonianze scritte che comprovano la presenza della Casatella Trevigiana a Venezia risalgono al XVII secolo, come la satira stampata a Venezia nel 1671, che esalta la “schiettezza del viver primo” dell’entroterra veneziano e parla di alimenti semplici e genuini, e molto prelibati, fatti con latte di vacca, come “recote e formagiele, cibi da licarse i dei…”.

1859 RICOTTA DI BUFALA CAMPANA DOP

Il processo di produzione della ricotta di bufala viene descritto da Achille Bruni, professore della Regia Università di Napoli, nella sua monografia “Del latte e dei suoi derivati” pubblicata nel 1859 nella Nuova Enciclopedia Agraria: “Munto il latte e versato in tinozza, vi si mette il caglio di capretto; e dopo di essersi rappreso con la spatola di legno si taglia a pezzi grossi. Indi con una cazzuliera di legno si leva il siero che si fa bollire per trarne la ricotta”. Questa tecnica produttiva aveva origini antiche, risalenti almeno al XIV secolo quando le bufale furono introdotte nell’Italia centro-meridionale, e vantava un’apprezzata tradizione. Lo dimostra una delle prime e più autorevoli citazioni della ricotta di bufala, quella fatta da Bartolomeo Scappi, cuoco della corte papale, nel libro di cucina dell’anno 1570.

1899 ROBIOLA DI ROCCAVERANO DOP

In un manoscritto del 1899, firmato dal sacerdote Pistone, si legge che nel Comune di Roccaverano si tenevano ben cinque fiere annue in cui si vendevano “eccellenti formaggi di Robiole” destinate all’esportazione, ossia vendute sia nell’Italia settentrionale che in Francia; si parla esplicitamente di esportazione perché la Robiola già in quei tempi era un formaggio conosciuto non solo nell’Italia, ma anche in Francia.