Per incrementare la produzione alimentare sarà fondamentale la ricerca scientifica

Il miglioramento genetico per sfamare il mondo

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All’inizio del secolo, in Italia, un ettaro di terra produceva in media 1-2 tonnellate di frumento tenero. Oggi, la produzione è di 5-6 tonnellate. Nessuna magia. L’aumento è frutto del miglioramento genetico come spiega, in un intervento pubblicato su Domani, Mario Enrico Pè, presidente della Società italiana di genetica agraria, soffermandosi sull’importanza della ricerca nell’affrontare le prossime sfide alimentari. Come sostiene la Fao, nei prossimi trent’anni sarà necessario aumentare del 50% la produzione agricola mondiale per sfamare tutta la popolazione del globo, che avrà toccato la cifra record di 10 miliardi.

E per realizzare un incremento produttivo di tale portata senza aumentare in modo insostenibile l’impatto sulla deforestazione, sulla perdita di fertilità del terreno e sull’incremento del consumo di acqua c’è soltanto una strada da percorrere: produrre di più su ogni ettaro coltivato, senza compromettere la salubrità dell’ambiente.

Secondo Pè, questo ambizioso obiettivo si raggiunge appunto con il miglioramento genetico, che «punta ad adattare le piante all’ambiente e non il viceversa». E la ricerca, in questo senso, ha fatto passi da gigante negli ultimi anni: adesso esiste la possibilità di intervenire sui geni e sulle sequenze che li regolano in modo mirato, preciso e flessibile. Non si tratta di modificare la natura, ma di mimare i meccanismi di modificazione genetica che avvengono spontaneamente in natura e che sono alla base dell’evoluzione delle specie viventi. Non è più necessario aspettare la comparsa di mutazioni casuali, per poi effettuare una selezione migliorativa, ma è possibile intervenire con precisione per ottenere le caratteristiche desiderate. Non si tratta di Ogm (Organismi Geneticamente Modificati), perché non sono stati introdotti geni da organismi di specie diversa, anche se ad oggi l’Europa li equipara.

«L’invenzione stessa dell’agricoltura diecimila anni fa ha coinciso con la selezione di varianti genetiche, cioè di mutazioni, che hanno reso le piante adatte a crescere e produrre nei campi coltivati, a differenza delle piante selvatiche – scrive Pè –. È quindi cruciale che la politica e l’opinione pubblica si rendano conto che è in gioco il futuro dell’agricoltura europea».