Nonostante un confronto quasi impossibile, con un anno in cui i consumi alimentari sono esplosi a causa della pandemia, nel 2021 la spesa per i consumi domestici ha registrato una flessione molto lieve: -0,3%.

Un cedimento definito di “rimbalzo”, in realtà atteso più incisivo. Il valore della spesa per i consumi alimentari in casa, nel 2021, si attesta su circa 87,3 miliardi di euro; in confronto alla spesa dell’annata pre-crisi, si tratta di un +7,5% (variazione 2021/2019).

Se per i prodotti lattiero-caseari i dati parlano di una flessione del 4%, solamente il latte ad alta digeribilità parzialmente scremato registra un aumento delle vendite (+2% rispetto al 2020, +20% rispetto al 2019), a significare che non è solo il ritorno alle colazioni al bar a pesare sul comparto, quanto uno stile di consumo tendenzialmente salutistico.

Se nel terzo trimestre, durante le vacanze estive l’allentamento delle restrizioni aveva favorito una maggiore positività nelle aspettative per il futuro e aveva dato slancio ai consumi, nel quarto trimestre si evidenzia un ritorno all’atteggiamento prudenziale che alleggerisce i carrelli. Si continua a mangiare di più a casa, ma si registra un ritorno alle vecchie abitudini, certificato dal calo costante, iniziato a febbraio, dell’acquisto di uova, burro, farina e altri prodotti dell’ingredientistica di base con cui durante il lockdown ci si era cimentati in preparazioni casalinghe, e dal contestuale aumento di interesse per affettati, pane, snack, tipici di pasti veloci. Si ritorna gradualmente o parzialmente a lavorare in ufficio riavvicinandosi ai vecchi ritmi e a una socialità più spinta. In questo senso, l’eredità lasciata dal lockdown si evolve anche in una convivialità “cibo-centrica” e un po’ più casalinga rispetto all’epoca pre-Covid, tale che, quando si prepara un pasto a casa, lo si fa con cibi e bevande gourmet, spendendo un po’ di più alla ricerca di una gioia del palato e un momento di ricompensa.