Ancora troppa dipendenza dall’estero

Crescono le esportazioni, ma restano consistenti le importazioni di latte, olio e cereali

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Valorizzare la materia prima italiana e consentire scelte di acquisto consapevoli ai consumatori, contro gli inganni dei prodotti stranieri spacciati per Made in Italy. A questo serve l’obbligo, inserito nel Decreto Semplificazione, di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti. «Questa norma, inoltre, ci consentirà di porre fine ad un lungo e faticoso contenzioso aperto con l’Unione Europea oltre 15 anni fa», afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Stando all’Istat, nel 2017 la produzione agricola è aumentata dell’1,5% con una crescita di attività ad alto valore aggiunto come vino e frutta che spesso vengono vendute all’estero. Di contro latticini, cereali e olio di oliva, sono i settori in cui l’Italia fatica di più. Secondo i ricercatori Ismea, in 10 anni (dal 2007 al 2017) il valore delle esportazioni agroalimentari è cresciuto del 70%, mentre nello stesso periodo le importazioni hanno conteggiato un aumento 32%. Nonostante tutto, l’Italia continua ad importare più materie di quante ne esporta anche se negli ultimi 10 anni il saldo negativo si è dimezzato. «Un dato – spiegano da Ismea – che risulta tale soltanto grazie al contributo dell’industria alimentare».

Per quanto riguarda il settore lattiero-caseario, l’Italia sconterebbe i vincoli strutturali del territorio privo di grandi pianure necessarie per lo sviluppo zootecnico. «Gli allevamenti italiani non hanno dimensioni tali da soddisfare il bisogno interno di materia prima». E infatti due prosciutti su tre sono di produzione straniera. Per quanto riguarda iformaggi il discorso è leggermente diverso: l’industria lattiero casearia italiana ha preferito orientarsi sulle indicazioni geografiche di qualità (Dop, Doc,Igp) o sul prodotto freschissimo, abbandonando a se stesso – e creando quindi spazio per le importazioni – il prodotto meno caro, quello che in gergo si chiama “primo prezzo”. Con il crollo del prezzo (da 500 a 300 euro a tonnellata tra il 2016 e il 2017), la produzione italiana che patisce di più è certamente quella della barbabietola da zucchero. «In undici anni abbiamo perso il 60% delle produzioni. L’Unione Europea attivi al più presto misure eccezionali per salvaguardare queste colture e questi lavoratori», concludono preoccupati da Confagricoltura.