Con lo sguardo oltre l’orizzonte

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CERVERE

Abituato alla frescura delle montagne, dove trascorreva l’estate in malga con gli animali, era rimasto affascinato da questa piccola frazione alle porte di Cervere che – già dal nome – prometteva temperature più miti rispetto alla pianura. Monterosso altro non era che una dolce collina a due passi dal paese, dove nella nuda terra erano ricavati anfratti per conservare le provviste tutto l’anno; un luogo ideale dove iniziare una nuova avventura, trasferendosi da Entracque, paese d’origine della famiglia.

Michele, figlio dell’Italia unita (classe 1861), era uno dei dieci fratelli Ghigo (9 maschi, 1 femmina). All’alba del nuovo secolo, dopo intere stagioni a peregrinare per le cascine ai piedi dei monti, i fratelli colsero l’occasione di trasferirsi nelle pianure tra Fossano e Savigliano: sparsi in diversi casolari, continuarono a occuparsi della cura degli animali e della terra.

Proprio a Cervere, Michele incontrò la donna che sarebbe diventata la compagna di un’intera vita (Margherita Costantino, classe 1870), nonché madre amorevole di Gugliemo (1895) e Caterina, che crescendo intraprese la strada del convento.

A Monterosso la vita era semplice: una decina di vacche piemontesi nella stalla, qualche gallina nel cortile, due maiali nel porcile e un cavallo, vero orgoglio – e grande amore – di Michele.

LA GUERRA AL FRONTE

A dare man forte al padre c’era Gugliemo, ragazzo volenteroso e ambizioso, la cui vita venne però stravolta dalla follia della guerra mondiale. Chiamato sul fronte orientale durante il primo conflitto, militare a Pordenone con l’esercito italiano, riuscì a tornare dalla guerra senza ferite sul corpo, ma con l’animo distrutto dalle sofferenze patite e dall’orrore visto sui campi di battaglia.

Ricominciare con la vita di tutti i giorni non fu semplice, ma fortunatamente Gugliemo trovò in Anna Costantino (classe 1907) un sostegno prezioso, una donna capace e tenace, preziosa alleata per la vita: dopo il matrimonio, arrivarono i figli Michele (1930), Isidoro (‘32) e Gabriella (‘34), che come la zia prenderà i voti.

Furono anni difficili, la Grande Guerra era un ricordo ancora vivo e il regime fascista non lasciava dormire sonni tranquilli a Gugliemo, che poco alla volta era riuscito a metter da parte il denaro per acquistare alcune giornate di terreno accanto alla cascina.

Un grande prato proprio ai piedi del dolce rilievo dove sorgeva (e ancora esiste) la vecchia stalla. Un’area pianeggiante che faceva gola a tanti, anche al governo italiano che, quando i venti di guerra iniziano a soffiare con più ferocia, espropriò i terreni per costruirne un grande campo di aviazione militare.

IL CAMPO DI AVIAZIONE

Tra il 1934 e il 1939 fu realizzato il campo di aviazione su una superficie di circa 230 ettari complessivi; durante la guerra fu utilizzato assiduamente (soprattutto dopo il 1943), ingrandito e modificato per consentire anche ai grandi aerei da trasporto tedeschi di decollare e atterrare proprio a due passi da Savigliano, centro strategico per la produzione di materiale bellico.

Per Gugliemo fu un durissimo colpo: preso dallo sconforto, decise di vendere tutti gli animali (tenne per sé solamente una vacca), abbandonando i sogni di crescita dell’azienda.

IL RISCATTO DEI FIGLI

Così, nel dopoguerra, toccò ai giovanissimi fratelli Michele e Isidoro ricominciare tutto da capo. Senza fretta e con grande caparbietà, i due fratelli ripopolarono la stalla, sborsando dieci volte tanto quanto al padre era stato riconosciuto per le vacche vendute. Erano gli anni della ricostruzione, del boom economico e della fiducia nel futuro.

Michele trovò l’amore in Francesca Boggione, con cui convolò a nozze nel 1957: a coronare la loro storia, l’arrivo dei figli Guglielmo, Marianna, Gabriella, Franco (1963), Daniele e Raffaella.

In cascina il lavoro non mancava. Tutto si faceva ancora a mano, dalla mungitura alla cura dei campi, ma nessuno si tirava indietro e gli affari procedevano bene, tanto da convincere i due fratelli a investire nella costruzione di una nuova stalla (1968), la prima in provincia di Cuneo già progettata con i grigliati per garantire agli animali maggior benessere.

Con la crescita dei figli, Michele e Isidoro decisero di suddividere l’azienda agricola (1975) e ampliare successivamente il ricovero per le bestie (1982).

Sono una trentina quelle nella stalla di Michele che poco alla volta decise di specializzarsi nella produzione di latte, acquistando vacche frisone e costruendo una prima sala mungitura.

Per il figlio Franco, che oggi gestisce l’azienda agricola (unico allevatore di vacche da latte a Cervere, paese rinomato per la produzione dei porri), continuare la tradizione è stato naturale.

Non prima di aver aperto la sua mente, aver allargato lo sguardo viaggiando per mezza Europa per carpire i segreti dell’agricoltura oltreconfine.

Ed è da leggere in quest’ottica la voglia di costruire – ancor prima delle normative europee che oggi impongono regole stringenti sul benessere animale – una nuova e moderna stalla (2003), realizzata da zero a ridosso di quel terreno che fu trasformato in campo d’aviazione, pensata con un esteso paddock esterno per far pascolare gli animali, grandi spazi per consentire alle bestie di muoversi liberamente e una sala mungitura (10+10) all’avanguardia. Una stalla che era stata pensata anche per ospitare – eventualmente – alcuni robot per la mungitura.

A crescere negli anni non è solamente l’azienda agricola. Nel 2005 il matrimonio con Marta Barboza, originaria del Brasile (di San Paolo), che gli regalerà la gioia di diventare padre di Giulia (2008) e di Angela (2010).

Con Biraghi un rapporto di lavoro che funziona da anni, che si fonda sulla fiducia e sulla filosofia del prodotto 100% italiano, una qualità da valorizzare e promuovere nel mondo globalizzato.

Curioso di natura, Franco ancora oggi non smette di esplorare il mondo perché non sono gli uomini a fare i viaggi, ma i viaggi a fare gli uomini.